giovedì 9 aprile 2015

QUANDO ERAVAMO POVERA GENTE....



Le ante di legno massiccio del grande portone del palazzo erano enormi e pesantissime e verniciate con coppale scuro..nel centro avevano due grossi "patocchi" di ottone che la portinaia Francesca lucidava tutte le mattine fino a farli diventare brillantissimi…
Dal nostro pianerottolo scendevamo un paio di gradini e ci trovavamo nel buio sottoscala, quindi passando per una porticina bassa  e stretta, che a noi ragazzini sembrava tanto grande, accedevamo nel cortiletto interno del palazzo dove ci batteva il sole tutto il giorno...
Questo era il nostro balcone, il nostro terrazzo, il nostro solarium...
Mia madre, la portinaia e tutte le altre massaie ci stendevano i panni dopo il bucato…
Qui nei caldi pomeriggi d'estate trascorrevamo molte ore a giocare...
Qui spesso a noi ragazzini le mamme ci  lavavano la testa (lo shampoo!) con sapone e aceto per prevenire le lendini di pidocchi…

Sulla destra del cortiletto, attraverso una vecchia porta di legno tutta rosicchiata dai tarli, si entrava nel lavatoio condominiale che noi chiamavamo familiarmente la "fontana"...
Dentro c'erano due enormi vasche di pietra piene di acqua, una serviva per insaponare i panni, l'altra per risciacquarli sotto il forte getto di un rubinetto.. a volte invece dei panni andavamo noi a lavarci..
Le pareti  e il soffitto della fontana erano anneriti dal fumo di una antica e malfunzionante caldaia a legna che serviva a scaldare un enorme bollitore dove venivano immersi i panni da strigliare più forte.. alcune donne se ne servivano anche per tingere dei vestiti…
Mia madre mi raccontava che al mattino presto, anche in pieno inverno, mio padre appena sveglio e a torso nudo andava a lavarsi in fontana.. apriva il  rubinetto da dove sgorgava tutta l'acqua che voleva e poteva insaponarsi e sciacquarsi a piacere...

Al muro esterno del cortiletto c'era appoggiata una scala di legno a pioli che ci permetteva di raggiungere il livello del terreno, scavalcare il piccolo muretto e accedere nel nostro bellissimo e verde  giardino..
La proprietaria sig. Berardi era gelosissima di questa sua creatura e aveva dato ordine alla portinaia Francesca e a suo marito Girolamo di non farci entrare nessuno.. per noi ragazzini era divenuto una sorta di giardino segreto da godere di nascosto o qualche volta con il benevolo permesso  di Francesca.
Dalla parte della Via Fabbri il giardino era delimitato da un  muretto di circa un metro di altezza con sopra incastonate e murate delle pesanti ringhiere in ferro battuto, al centro del muricciolo un grosso cancello dello stesso ferro era sorretto da due colonne di cemento armato.. Girolamo aveva comprato un grosso lucchetto e teneva il cancello sempre ben chiuso..

In estate la fontana al centro del giardino era la nostra felicità.. potevamo gettare delle mollichette di pane ai pesciolini rossi, bere l'acqua dello zampillo e far galleggiare delle barchette di carta che facevamo con i fogli di quaderno..
Un giorno, nel tentativo di toccare più da vicino un pesciolino, ho esagerato nello sporgermi e sono caduto in acqua.. mi ricordo che feci un paio di capriole e riemersi sorridendo..gli altri ragazzini impallidirono ed iniziarono a gridare aiuto.. dalle finestre dei due isolati si erano già  affacciate tante mamme che gridavano "correte, correte".. mia sorella Vilma stava stendendo i panni nel cortiletto e sentendo le urla della gente salì in un attimo la scala a pioli, si precipitò verso la fontana e mi "strappò" letteralmente fuori dall'acqua.. si preoccupò persino di rassicurare le mamme affacciate alle finestre che tutto andava bene e che potevano tirare un sospiro di sollievo..
A casa mi tolse i vestiti bagnati mi asciugò in fretta e mi avvolse in una calda coperta , poi mi accarezzo e disse: "non lo fare mai più, ci hai fatto prendere un grosso  spavento".. candidamente risposi: "ma io nuotavo così bene".

Io e Mario, il figlio della portinaia, trascorrevamo molte ore all'aria aperta nel giardino…
In primavera ci dissetavamo con le melegrane e "rubavamo" qualche nespola e albicocca…
Un giorno all'ora di pranzo venne a chiamarci mia sorella.. io stavo a cavalcioni sul piccolo muretto e aspettavo che lei mi aiutasse a scendere la scala di legno.. Vilma salì, ma quando fece per prendermi in braccio, la scala iniziò a scivolare paurosamente all'indietro, con incredibile prontezza di riflessi mi respinse verso il giardino, la scala rovinò a terra trascinandola con se..una piccola tragedia che si risolse con il polso sinistro rotto e un mese di gesso al braccio.. io me la cavai senza un graffio..

Era un giorno di vivida luce, l'asfalto della Via Fabbri era ancora umido di pioggia caduta nella notte, passava un cavallo che trainava il tipico carrettino romano: la "Botticella" del vino, si sentiva il rumore pesante degli zoccoli sul selciato e il contadino che gridava aahh!..noi ragazzini stavamo giocando con la palla quando questa schizzò in mezzo alla strada, io corsi per riprenderla ma mi ritrovai sotto le zampe del cavallo, mia sorella emanò un grido disperato, la gente affacciata alle finestre gridava ancora più forte, il cavallo si fermo come per incanto e non si mosse più, lei come sempre rapidissima, mi prese per le braccia e mi tirò via da sotto quelle enormi zampe...
Non mi feci neanche un graffio, ma tutti a gridare al miracolo.. ancora oggi rammentando l'episodio diciamo "fu letteralmente un miracolo", ma ci facciamo sopra anche tante risate….


Andare a ritrovare i segni del passato è oggi per me una indescrivibile emozione..ho provato una stretta al cuore, mista a forte rabbia, rivedere il "mio" giardino rinsecchito e abbandonato, la fontana abbattuta e il cortiletto pieno di materiale edile…
Con la proiezione del passato sullo schermo di questo presente, ho visto il mondo della mia fanciullezza andare in frantumi…





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